Napoli - Vomero e Lungomare - 038_new

“Insomma, signori miei, dobbiamo rassegnarci a non poter avere tutto nella vita” dice il professore “Vogliamo l’ordine? La pulizia? E allora rinunziamo all’amore. Se ci dà fastidio il rumore, la confusione, allora andiamo a vivere in Svizzera. Sissignore, andiamo a Berna. Però ricordiamoci che di Berna si dice che sia grande il doppio del cimitero di Vienna, ma che ci si diverta solo la metà”

Così parlò Bellavista, Luciano De Crescenzo

“101 Cose da fare a Napoli almeno una Volta nella Vita” di Agnese Palumbo

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Un giorno, quando avrò tempo, tesserò un’ode speciale alla Collana “101 Cose da Fare a Xxx Almeno una Volta nella Vita”. Mi piacciono più delle guide classiche perché ti fanno entrare meglio nel contesto di una città o regione da visitare. Inevitabilmente ne ho amate alcune più di altre. Tra le mie preferite la 101 di Agnese Palumbo dedicata a Napoli di cui vi avevo accennato parlando di Napoli ed i suoi misteriosi portoni.

È farcita di storia, di aneddoti, di capolavori d’arte e culinari. Trovate il meglio di Napoli in 101 succulenti capitoli. Si legge non solo per “visitare” come le altre guide, ma per scoprire la città i suoi riti, le sue fobie, i suoi amori, i suoi difetti. Ci sono proposte “classiche” ma pur sempre riviste in chiave insolita “Passare bendati tra i due cavalli di piazza Plebiscito”, “Andare a spasso tra gli antiquari di piazza dei Martiri”. Ci sono proposte conosciute (forse) dai soli Napoletani Doc: “Intalliarsi a passeggiare sotto i balconi”, “Bussare al portone del Palazzo Serra di Cassano”, “Mangiare la pizza di notte a piazza Sannazaro”, “Mangiare taralli caldi e birra fredda sugli scogli di Mergellina”.

Ci sono proposte esotiche “Ballare il tango alla Milonga Portena”, “Mangiare esotico tra via Bausan e via Martucci”. E persino a sfondo passionale “Trovare l’amour passion a San Giovanni a Carbonara” se non addirittura erotico “Arrossire di imbarazzo nella Camera Segreta”

Ma soprattutto, volete mettere trovare due righe striminzite sul Mercato della Pignasecca ed invece sentirverlo raccontare come “l’ultimo colpo di coda dei Quartieri Spagnoli”: 

“Chiassoso e rumoroso all’inverosimile, un budello attraversato in ogni sua parte da quelli che salgono per la metropolitana, la cumana, la funicolare, e da quelli che scendono giù, dritti dritti fino a Toledo. Due palazzoni stretti stretti schiacciano il caos e la visuale, a ogni passo c’è un motorino contro senso con cui litigare.

(…)

Odore di arance e mandarini nella bella stagione che colorano i trerrote (gli apecar) o mandorle zuccherate e castagne lesse, che d’inverno fanno trasudare i bancarielli. Puzza di pescato e strada, orate, spigole, gamberi, murene e frutti di mare a prezzi eccezionali.

Il passaggio per il vicolo si fa a narici aperte, ché in questa strada si gode di odori prima di tutto. Non tutti piacevoli certo, alcuni per niente delicati, è vero, ma il viaggiatore s’impregna di sensazioni non di luoghi asettici passati a cera.”

Insomma prima ancora di essere arrivati a Napoli la Palumbo ve l’ha dipinta nei colori suoi più tipici, ne avete sentito il caos, avete sperimentato addosso la pressa della folla, siete stati invasi dagli odori e maleodori, in breve l’avete vissuta ancora prima di arrivarci.

Cosa si può chiedere di più ad una guida?

“Una certa idea di Napoli” di Antonio Ghirelli

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Un libro sintetico per numero di pagine (140) e generoso per l’ampiezza del suo sguardo, scritto con il piglio da giornalista (e storico appassionato) ed il cuore di un Napoletano. Napoli spiegata a chi vuole conoscere i retroscenza della sua storia dai Borbone ai Piemontesi ai giorni d’oggi. Ma una storia intessuta di vita che passa per i suoi costumi, dal ragù della domenica, ai fasti della Bell’Epoque, dalla sua lingua che ha conquistato i palchi dei Teatri Italiani al Cinema di Totò, dalla passione per il gioco del lotto alla superstizione. Per coloro che volessero un libro di Storia vero e proprio sto invece leggendo, sempre di Antonio Ghirelli, “Storia di Napoli”.

“Si canta o si dipinge Napoli com’è, cioè come non si può vedere; com’era, cioè come sarà sempre, anche se tutti gli eserciti del mondo le camminano addosso, anche se tutti gli speculatori della terra la saccheggiano e tutti i vandali la violentano. Si canta o dipinge la città come la si ricorda, come la si sente nelle proprie carni, come la modellava don Salvatore, come la urlava rauco Viviani, come la mimava Totò, come la recitava Eduardo con la sua voce fioca e altissima.”

“Il Ventre di Napoli” di Matilde Serao

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Un brano della Serao si trovava nella mia vecchia antologia del liceo. Ho sempre pensato di volerne leggere il libro e mai osato farlo per il (vigliacco) timore di trovarmi di fronte un mattone del passato difficile da comprendere, ed ancor più difficile da digerire. Però quel pensiero di quella pagina appassionata di antologia non mi ha mai lasciato. Poi, qualche mese fa prima di andare a Napoli, ho preso coraggio e comprato l’EBook.

Nonostante sia stato scritto nella sua prima parte nel 1884 e nella sua seconda parte agli inizi del ‘900, il linguaggio della Serao è un linguaggio moderno, un linguaggio da giornalista e dunque creato per farsi comprendere e fare breccia nella mente dei lettori. Ci sono dati e descrizioni della vita di uomini e donne, quanto lavorano, quanto guadagnano, quanto spendono per un piatto di pasta condito con un po’ di formaggio e filo di pomodoro, quanto pagano di fitto ed in quali condizioni vivono. Un primo grande esempio di giornalismo di inchiesta.

Ma quel che mi ha più affascinato durante la lettura, è il cuore della scrittrice. Non era uno sterile scrivere il suo, ma intensamente empatico: conosceva ogni stradella di Napoli, ogni basso, con i suoi insopportabili odori, l’accumulo di sporcizia e miseria, ma soprattutto conosceva ad una ad una le storie della gente che in quei luoghi, scordati da Dio come dal sole, viveva. Ogni parola accorata, ogni preghiera di intervento, ogni descrizione volta a fare comprendere una realtà sconosciuta al troppo lontano Governo Italiano, è scritta col cuore di chi ama quella gente, e quella sua città, malgrado tutto.

Uno dei capitoli più belli si intitola “La pietà” ed allude a quella semplice solidarietà tra poveri che rende la vita appena meno amara, tra i tanti episodi citati ho scelto questo:

“Una madre troppo debole o infiacchita dal lavoro ha un bimbo ma non ha latte. Vi è sempre un’amica o una vicina o qualunque estranea pietosa, che offre il suo latte; ne allatterà due, che importa? Il Signore penserà a mandarle il latte sufficiente. Tre volte al giorno la madre dal seno arido, porta il suo bambino in casa della madre felice: e seduta sulla soglia, guarda malinconicamente il suo figlio succhiare la vita. Bisogna aver visto questa scena e aver inteso il tono di voce sommessa, umile, riconoscente, con cui ella dice, riprendendosi il bambino: il Signore t’o renne, la carità che fai a sto figlio. E la madre di latte finisce per mettere amore a questo secondo bimbo e, allo svezzamento, soffre di non vederlo più: e ogni tanto va a ritrovarlo, a portargli un soldo di frutta, o un amuleto della Vergine: il bimbo ha due madri.”

Indispensabile per chi voglia conoscere la storia più verace di Napoli e dei Napoletani.

“Il giorno prima della felicità” di Erri De Luca

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Napoli vista da una portineria attraverso gli occhi di Don Gaetano, e del Guaglione, che don Gaetano cresce. A furia di stare tra la gente Don Gaetano legge oramai i pensieri delle persone, non tutti, ne trova alcuni che raccatta per terra, come fossero sfuggiti per distrazione agli inconsapevoli proprietari, per questo i ritratti che fa dei personaggi sono così vicini all’essenza delle persone.

Quando ha tempo, fra una partita di scopa ed i lavori della portineria, Don Gaetano racconta al ragazzo le storie di Napoli, della guerra e delle 4 giornate, con l’immediatezza di chi le ha vissute, senza la retorica di chi racconta per farsi grande. Il giorno della felicità è quello della Liberazione dai Nazisti, ed il giorno prima è quello degli animi del popolo che uniti si sollevano per la rivolta. Ma il giorno prima della felicità è anche quello del Guaglione, di fronte ad un amore che tutto dona e nulla chiede.

“Pure le storie di Don Gaetano erano assai e stavano in una persona sola. Lui diceva perché aveva vissuto in basso, e le storie sono acque che vanno in fondo alla discesa. Un uomo è un bacino di raccolta delle storie, più sta in fondo più ne riceve.”

Indimenticabile.

“La Parola Canta” oppure “Toni Servillo legge Napoli”

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Ok, non sono libri ma due spettacoli. E che spettacoli. Se non aveste la nostra sfacciata fortuna di trovare Toni Servillo dal vivo in uno dei Teatri Napoletani, cercate nelle videoteche, o tra i 1000 canali televisivi.

Viviani, De Filippo, Borrello recitati da Servillo vi riempiranno le orecchie di quella straordinaria lingua che è il Napoletano, e senza fatica vi scenderanno poi nel cuore, perché di Napoli ogni controsenso è vero, ogni bruttura è possibile ma non le si può negare l’anima grande….

Me ne vogl’i’ a campa’ ‘mmiez’a na terra,

‘a parte ‘e Punticiello, Caivano:

so’ stufo d’ ‘e città, Roma, Milano:

quanno voglio fa’ ‘a vita, vaco ‘Acerra.

(…)

Distratto, senza leggere giurnale,

senza rilorge, calannarie: niente.

Comme a ll’antiche, primitivamente.

Senza sta civiltà. Vita animale.

Cient’anne aggi’ ‘a campà ‘mmiez’a sta terra:

quanno voglio fa’ ‘a vita, vaco ‘Acerra!

Raffaele Viviani, Primitivamente

“Così parlò il Professor Bellavista” di Luciano De Crescenzo

Così parlò Bellavista Luciano De Crescenzo_new

Chiudo in leggerezza. C’è chi ha accusato DeCrescenzo di aver ridotto Napoli ad una macchietta o ad un teatrino di macchiette. Le ombre sono leggere, vi si accenna alla disoccupazione e all’arte di arrangiarsi, alla camorra, senza affondare mai il colpo. Per me resta un libro felice, che racconta una pagina solare del pensiero napoletano, creando personaggi mitici e divertenti. Per le ombre mi basta guardare il telegiornale.

“Nell’inglese verace il rispetto degli altri è religione! L’abitazione tipica inglese ne è un esempio (…) Là ognuno desidera il suo ingresso, il suo giardino, la sua scala personale interna, così che potrà vivere senza sapere come si chiama il vicino di casa, senza sapere chi è, che fa, come è fatto eccetera, eccetera.

(…)

A Napoli ci sono le corde tese da palazzo a palazzo per stendere i panni, e su queste corde le notizie corrono e si diffondono. E già perché se ci pensate bene un momento per stendere una corda tra il terzo piano di un palazzo ed un altro è necessario che le signore inquiline si siano parlate, sia siano messe d’accordo: “Signò adesso facciamo una bella cosa, mettiamo una corda tra noi e voi, così ci appendiamo il bucato tutt’e due. Voi il bucato quando lo fate? Il martedì? Brava, allora noi lo faremo il giovedì così non ci possiamo tozzare.

È nato il colloquio ed è nato l’amore.”

#dimmicosaleggi – 5 libri da leggere prima di (o dopo) un viaggio a Napoli

13 pensieri su “#dimmicosaleggi – 5 libri da leggere prima di (o dopo) un viaggio a Napoli

  • Maggio 26, 2016 alle 8:30
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    “Il Ventre di Napoli” di Matilde Serao bellissimo! merita davvero.. l’unico che conosco con quelli citati, ma ammiro e apprezzo lei come scrittrice e come donna. Prenderò nota degli altri titoli! 🙂

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    • Maggio 26, 2016 alle 9:50
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      Ero sicura che mi sarei fermata a poche pagine dalla lettura, ed invece è venuto giù tutto d’un fiato. Adesso aspetto solo il momento giusto per fare una visita con Insolita Guida per la Napoli della Serao 🙂

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    • Maggio 26, 2016 alle 9:53
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      Buongiorno Vale, i libri sono oggetti misteriosi assai. Questo di Erri De Luca lo comprai a Napoli nel 2011, ne lessi qualche pagina e poi me ne dimenticai. Ripreso a caso nel 2016 mi chiedo come possa non avermi rapito da subito. Morale: c’è sempre il proprio momento giusto per un libro, tocca solo a noi “sentirlo”. Poi fammi sapere 🙂

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  • Maggio 26, 2016 alle 12:47
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    Ma che bello questo articolo! Non ho letto nessuno dei libri citati, ma ora saprò documentarmi in vista di un viaggio a Napoli. Anch’io mi lascio spesso suggestionare dalle letture quando penso alle prossime mete, mi piace avere uno sguardo anche letterario, e non solo da guida turistica 🙂

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    • Maggio 27, 2016 alle 10:35
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      Sono d’accordo con te Chiara, leggere dà ancora un’altra dimensione al viaggiare. Ed adoro scambiare suggerimenti di letture con altri viaggiatori 🙂

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  • Maggio 26, 2016 alle 13:00
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    Che meraviglia questa lista di libri. Alcuni non li conosco, devo rimediare al più presto. Buona giornata. Bacini

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  • Giugno 12, 2017 alle 20:17
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    La mia Napoli! =) Hai fatto breccia nel mio cuore con questi cinque libri. Li comprerò appena possibile, magari li trovo tra le bancarelle di Port’Alba.. Comunque complimenti per il blog, era un po’ che non venivo a farvi visita e devo dire che mi ha piacevolmente sorpreso. Baci a voi tre..

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