Ma quella faccia un po’così
quell’espressione un po’così
che abbiamo noi mentre guardiamo Genova
ed ogni volta l’annusiamo
e circospetti ci muoviamo
un po’ randagi ci sentiamo noi.
Eppur parenti siamo un po’
di quella gente che c’è lì
che in fondo in fondo è come noi selvatica
ma che paura che ci fa quel mare scuro
e non sta fermo mai.
Genova per noi, Paolo Conte
Paolo Conte (ho invertito i versi della sua canzone per rispecchiarci meglio il mio stato d’animo, licenza patetica!) ben descrive il nostro stato d’animo all’arrivo.
Non sai bene cosa aspettarti da Genova, ci arrivi scendendo dall’autostrada e sei fiondato subito nella pancia della città, il lungomare e la sopraelevata, qualche palazzo imponente e qualcuno cadente, l’esagerato Galeone dei Pirati e gli umili pescherecci, il mare ed una città che si sviluppa in verticale, traffico e smog, l’odore rancido delle reti da pesca sul molo ed i mille profumi delle cucine africane ed orientali.
L’odore dei vicoli, pardon carruggi, in cui il sole non arriva che a mezzogiorno. Piazza Caricamento invasa dalle auto e da una manifestazione, la facciata di Palazzo San Giorgio che si intravvede tra i piloni di cemento della sopraelevata anneriti dallo smog ed i candidi bracci del bigo, il molo dell’Acquario, i filari di palme che ti fanno scordare il resto.
Per questo nostro primo soggiorno a Genova abbiamo scelto il ventre della città. Saremo qui tra il Porto Antico e la zona di Prè per 3 notti.
Piazza Fossatello
Qui si incontrano Via San Luca e Via del Campo, è un crocevia vivace ci sono i bar ed i caffè pieni di stranieri e turisti, ma anche lo storico Caffè Cavò, ci sono i fornitori di negozi ed alberghi che fin dal mattino presto si chiamano e si lanciano motteggi, la lavanderia, il forno.
Qui si affacciano stradette così strette e buie che pare abbiano scritto in fronte “malfamata” e mentre tu ti aspetti tuguri alzi lo sguardo e ci trovi residui di affreschi imponenti lungo tutta la facciata. Impari subito la lezione, Genova non è mai quel che sembra.
Come quando perdendomi con lo sguardo da via Podestà sui giardini pensili di sotto, ho pensato a quanto fossero ricchi per poi accorgermi che alcuni di questi si aprivano su palazzi rasi al suolo.
Via del Campo
È un batticuore, anche solo leggerne la targa sui muri, figuriamoci camminarci. Sono nata nel 1971, e con la musica di DeAndré ci sono nata e cresciuta, ci invecchierò persino. Via del Campo è in qualche modo un luogo tra sacro, mitico e profano. Profano perché De André stesso sarebbe stato diffidente verso qualcosa di troppo sacro, troppo mitico e troppo su un piedistallo.
Ecco lì la targa dedicata a De André con i suoi versi dedicati a quella varia umanità che si muove tra i caruggi “dai diamanti non nasce niente/ dal letame nascono i fior”. Ed ancora sui muri qualcuno ne ha ripresi altri. Mentre poesie fioriscono sulle serrande chiuse di molti negozi.
Se Roma vanta le sue statue parlanti, qui a Genova è un fiorire di dialoghi sulle mura, vicino ai negozi come alle edicole sacre.
29 Rosso
La sosta è d’obbligo. Qui c’era il negozio di musica e dischi di Gianni Tassio, un cultore di De André che raccoglieva tutti suoi dischi inclusi i suoi “primi introvabile 45 giri. E poi foto documenti, autografi, spartiti e testi.”
Ma ricordiamo Gianni Tassio anche per la sua impareggiabile impresa, riportare la mitica “Esteban”, la chitarra che accompagno Faber nei suoi ultimi concerti, in Via del Campo.
La chitarra fu donata da Dori Ghezzi ad Emergency e da questa messa all’asta. In Via del Campo una cosa del genere non si poteva sentire, la chitarra doveva restare lì. E solo Tassio potè riuscire nella missione di coinvolgere ogni povero diavolo del luogo, ma anche il Comune e la squadra di calcio a fare una donazione.
Furono giorni, ore, minuti di gran fibrillazione tra continui rilanci. La piazza riunita davanti lo schermo, la ricerca spasmodica delle ultime centinaia di migliaia di lire e poi la notizia che con 168.500.000 lire Via del Campo si era infine aggiudicata l’agognata chitarra, furono risa e furono lacrime e fu gioia ed abbracci di un’intera città.
E se volete leggere il resoconto accurato di quella giornata vi rinvio alla pagina del Comitato di Gianni Tassio, è emozionante!
Nel 2004 muore Gianni Tassio ed il negozio, portato avanti dalla moglie per altri 6 anni, chiude definitivamente nel 2010. Fortunatamente il Comune di Genova decide di acquistarlo e farne un luogo di celebrazione sia di De Andrè che della Musica Genovese in generale.
Abbiamo chiacchierato a lungo con Laura – che lavora con la cooperativa che gestisce questo spazio – che ha vissuto l’asta, conosciuto De André e famiglia, come altri artisti genovesi. Ed è un luogo da non perdere per tutti gli amanti della musica italiana.
Il fatto è che proprio in questo viaggio saremo anche a Sète, città natale del cantautore francese George Brassens (che peraltro ha profondamente contagiato De Andrè che ne avrebbe tradotto in Italiano alcune delle sue canzoni). Qui un intero percorso in 10 sale è stato dedicato al cantautore, un percorso intimo e toccante di cui vi racconterò in un (non proprio) prossimo post, fornito di mediateca dove puoi ascoltare e riascoltare tutta la musica che vuoi.
Un po’ ti vien da pensare, ma Genova dopo un atto d’amore di un’intera città nei confronti di un cantautore dei più amati di tutti tempi, del genio della musica italiana, non ha proprio altro modo di raccontarlo? Il 29 Rosso contiene poster, foto, lettere e cimeli, la Esteban ma alla fin fine di una stanza con teche si tratta. Non basta. Insomma Comune di Genova, il 29 Rosso è una tappa da leggenda però De Andrè non merita di essere ricordato con un percorso ben più completo e ben più adeguato?
Via Prè
“Nei quartieri dove il sole del buon Dio
Non dà i suoi raggi
Ha già troppi impegni per scaldar la gente
D’altri paraggi
(…)
Se ti inoltrerai lungo le calate
dei vecchi moli
In quell’aria spessa carica di sale
Gonfia d’odori.
Lì ci troverai i ladri, gli assassini
E il tipo strano
Quello che ha venduto per tremila lire
Sua madre a un nano.
Se tu penserai e giudicherai
Da buon borghese
Li condannerai a cinquemila anni
Più le spese
Ma se capirai, se li cercherai
Fino in fondo
Se non sono gigli son pur sempre figli
Vittime di questo mondo.”
Città vecchia, Fabrizio De André
Molti commercianti e gente del posto si lamentano che Genova è troppo cambiata dai tempi di De André. Si riferiscono ai numerosissimi extracomunitari che oggi popolano il Sestiere di Prè. Al fiorire di quei brutti negozietti di telefonia per chi deve chiamare lontano in Africa ed in Oriente, di quegli alimentari multietnici che han rubato il posto alle vecchie latterie e ferramenta, che invano con Giovanni ci ostiniamo a cercare.
Ma è proprio così? O rispetto ai fenomeni di “gentrification” questo quartiere resta fedele alla sua anima di rifugio per “poveri cristi”. La guida avverte a sera meglio non andarsene troppo nei labirinti più interni e restare sulla strada principale “in ogni caso vi sconsigliamo di essere troppo curiosi su quello che accade all’ombra dei portoni stretti”. Ma anche nel cuore di Milano, Londra, Parigi non valgono forse gli stessi consigli?
Pulita al mattino con l’odore dei panni stesi a rubare qualche raggio di sole che ci si riesce ad infilare, infinitamente più misteriosa man mano che ci si inoltra nelle ore della sera.
Al mattino pare innocente e solare: ci passa il trenino dei turisti (non invidio l’autista a guidare tra i carruggi più stretti), vedi le signore anziane con la sporta della spesa, la sera cambiano le facce in giro, devi fare attenzione ai vetri per terra (ne ho il terrore per via di Frodo). Ma siamo andati e venuti senza problemi.
Abbiamo cenato nella deliziosa Trattoria dell’Acciughetta popolata di Genovesi doc che chiacchierano animatamente del nulla come di politica e di calcio. Ne adoro l’ingresso, l’antico pavimento a scacchi e la cucina che unisce innovazione e tradizione a partire da un alimento povero per eccellenza quale l’acciuga (a proposito i cani qui sono benvenuti). A dimostrare che a Prè c’è spazio per tutti Genovesi e non, e De Andrè avrebbe gradito, eccome se non avrebbe gradito questa mescolanza di genti e di destini.
Licenza “patetica” mi piace! ahahah Quando abitavo a Milano andavo spesso a Genova…bella, romantica ma con una strana sensazione di poca sicurezza nell’aria…
Era una meta in calendario da tanto tempo, devo dire che mi piacerebbe viverci per almeno una settimana, ma occhio e croce le città complesse, bizzarre e piene di sorprese mi piacciono da matti 🙂
Mi piace molto Genova, città dai mille volti, tra mare e monti, complicata, dove coesistono lati luminosi e lati oscuri. Lo credo che ha ispirato De Andrè, è un luogo vivo, ricco, ci vorrei passare anche io più tempo per scopire qalcosa di più .)
Non sapevo neppure io cosa aspettarmi da Genova, e mettere le mani, per prima cosa, in questo suo ventre dove si intrecciano storie di emigrazione e storie della gente del posto, chiese antiche e mura inglobate in tutt’altri contesti, profumi odori e maleodori, è stata una sorpresa. Puoi leggere mille volte dei caruggi ma non sai di che parli fin quando non ne respiri l’aria e lo sguardo si arrampica a cercare un pezzetto di cielo. é una città troppo diversa da tutte le altre che ho visitato, così varia da stregarmi. Io però quando un posto mi prende non riesco a scrivere esplicite dichiarazioni d’amore, a rileggermi mi pare quasi che emerga l’esatto opposto di quel che provo. La verità è che Zena mi ha stregato e dovrò tornarci, nemmeno per capire, ma per annusare, per guardare e stupirmi di nuovo…