Ok, quando si alloggia in un albergo simpatico come quello di Hope Street c’è sicuramente un pregiudizio positivo per l’intera città. Certo è che dopo aver mollato auto e bagaglio, siamo partiti per una prima esplorazione. Già arrivando ci avevano colpito le casette basse in mattoncini rossi, nastri e nastri di semidetached houses che dalla periferia portano al centro, intervallati da verdi campi di calcio per ragazzi, non proprio i rough suburbs che ci aspettavamo.
A piedi passiamo per Chinatown. Questa si compone di una pulita strada principale su cui si affacciano ristoranti e negozi, a vie laterali con scuole, istituti vari, case messi un po’ male. Ma siamo ben lontani dal percepire quel malessere della mia Springburn di Glasgow. Nessuna traccia neppure dei terribili ragazzetti (forse perché è mattina e sono alla scuola estiva).
Veleggiamo verso l’Albert Dock passando per la chiesa di St Luke. Solo la Torre e le mura perimetrali sono rimaste in piedi dopo i bombardamenti della 2° guerra mondiale. Alle alte finestre gotiche non solo mancano i vetri ma le nervature in metallo che sostenevano i disegni sono accartocciate su stesse, come se liquefatte ed ancora roventi dopo l’esplosione.
Come a Berlino hai la sensazione che, in questo rincorrersi di spazi pieni e vuoti, la guerra sia ancora qui e che sia una cosa terribile. Lungo il molo del porto si susseguono una serie di monumenti ai soldati della marina che “had no other grave but the sea”.
Insomma ricostruire sì, ma magari non proprio tutto, qualche traccia bisogna lasciarla. Si impara dagli orrori solo se si è pronti a ricordare. Ecco ho l’impressione che spesso nelle ricostruzioni si voglia cancellare ogni cosa, tornare a capo come se nulla fosse accaduto, sia che si tratti di una catastrofe causata dagli uomini che dalla natura. L’effetto è quello di una bellezza perfetta ma che non ha senso, come le vecchie attrici che a 70 anni sono belle come ventenni e tu sai che non ha senso, qualche ruga, qualche segno le renderebbe reali…
Liverpool è una città che ha deciso di ricordare. Ci ha conquistato subito perché ce l’aspettavamo brutta ed invece è bella, ma di una bellezza imperfetta, non una bomboniera, non un villaggio cartolina. Ha l’aspetto di una città che vive il presente, meno per i turisti più per studenti e lavoratori. Vorrei saperne di più sulla sua storia.
I dock sono splendidi, abbiamo visto navi da crociera e traghetti per l’Isola di Mann imbarcare lunghissime code di passeggeri a piedi, in auto e tante moto rombanti. I musei supermoderni, con i loro volumi dalle forme improbabili si alternano agli antichi edifici creando prospettive interessanti. Solo la Mariner House è stata tirata giù dai developers: era stata già danneggiata dai bombardamenti?
Abbiamo passeggiato lungo il porticato della Tate Gallery, ammirandone le accoglienti libreria e caffetteria, i velieri “parcheggiati” sul tratto di canale racchiuso dall’edificio. Belli i numerosi pub, bistro e ristoranti che lo animano. Continuiamo a respirare l’aria energizzante degli altri moli, domani visiteremo il Mersey Side Museum e il Beatles Story. Confesso che avrei voluto visitare anche il Liverpool Museum, ma dobbiamo conciliare visite al museo con le passeggiate per Frodo, e poi troppe cose da visitare in un solo giorno disperdono quel che ogni visita ti lascia. Mi piace che ogni cosa che vediamo abbia il giusto tempo per decantare dentro, e lasciarti un eco che devi far risuonare per un po’ prima di aggiungere nuove info, nuove storie, nuovi dati. Liverpool meritava un terzo pernottamento. Ma i prezzi degli alberghi nei week-end crescono smisuratamente.
Gli edifici storici della Merchant House e Trading Companies sono favolosi, passeggiamo ancora fino al modernissimo Princes Dock. Alle 18,00 è tutto così vuoto che credevamo fossero passate le 20,00. Ok sarà pure giovedì, e magari il week-end tira un’altra aria, però mi aspettavo di vedere molta più gente in giro. Liverpool conta 500mila abitanti e poi ci dovrebbero essere i turisti. In un certo senso non mi tornano i conti. Forse è agosto e la gente più che arrivare va via?
Al di là del Princes Dock il Mersey si apre al mare, lo avverti ancora prima fiutando l’aria, e nelle urla crescenti dei gabbiani. Mi rende felice che il Liver building abbia scelto a simbolo dell’intera città i due cormorani con le alghe nel becco.
Torniamo in albergo passando dal Lord e Church street, nel cuore del centro, molto più grande e sviluppato di quello di Glasgow – il parallelo tra le due città continuerà per tutto il viaggio, I’m sorry. Vedo persino un edificio di Rennie McIntosh ma tutta l’architettura in questa parte della città ti incanta, decisamente diversa rispetto al percorso dell’andata dove c’erano tanti palazzi vuoti, garage abbandonati, locali sfitti (pure a solo qualche centinaio di metri da qui). È una città in crescita o in crisi? Non saprei dirlo. Come Glasgow ha l’aria di una città in cui nulla è dato per scontato, che combatte e costruisce il suo futuro sebbene con problemi sociali non indifferenti. Ma come Glasgow emana un’energia positiva, una voglia di fare.
A cena siamo in un ristorante marocchino (voi oramai lo sapete che abbiamo un debole per il Marocco), ambiente divertente ed ammiccante, con le tipiche lampade, comodi sofà, musica popolare, fontane di piastrelle, tajines di terracotta che oltre che in esposizione, per tipico senso arabo sono anche in vendita. Abbiamo mangiato benone, olive, felafel, salsina di melanzane, tajine di sea-bass e costolette di agnello. Per dessert assaggini di baclava: j’adore! Long life to Liverpool, I can’t wait for the morning.
Vuoi vedere che eravamo a Liverpool lo stesso giorno e non ci siamo incrociate?? 🙂
Anche a me è piaciuta tantissimo e non avresti potuto descriverla meglio.
Inutile sottolineare ancora una volta la dolcezza di Frodo in mezzo ai due uomini della statua 🙂
Invece: cosa ci faceva un uomo in mutande con quel freddo?? Io appena arrivata a Liverpool da Shrewsbury in treno, mi sono fiondata da Top Shop a comprarmi un cappello di lana! Ad agosto.
Noooo! Certo non ci conoscevamo ancora, ma sarebbe uno scherzo del destino… appena a casa ti dico le date post 20 agosto direi ad occhio.
Sono contenta ti ritrovi nel mio “sentire” Liverpooliano, è entrata subito nelle mie corde, ma per 48 ore non posso certo dire di conoscere la città.
L’uomo in mutande rientra nella campagna dei gavettoni estivi per la SLA, ma farlo a Liverpool richiede un temperamento eroico. Io e Giovanni coi pile e giacconi da montagna ci puzzavamo dal freddo. Hai visto i cubetti di ghiaccio a terra (erano nella secchiata di acqua del gavettone), ho rischiato un infarto al sol guardare.
Allora no, ero là prima!
Non mi far pensre a quei cubetti di ghiaccio! Tra l’altro io arrivavo da 2 anni a 30-35 gradi fissi, e infatti non sai quanto ho maledetto la scelta di essere andata in Inghilterra la scorsa estate :/
PS. Io il Museo dei Beatles non l’ho visitato: a parte che sono poco da museo, a me i Beatles non sono mai piaciuti…
Ma pensa, la fermata Liverpool è stata decisa proprio per visitare il museo dei Beatles… In realtà né Giovanni né io siamo dei grandi fan, conosco solo il repertorio più ovvio, e li guardo come simbolo di un’epoca molto particolare.
Temo che alle volte più che il museo per sé, mi piace vedere i diversi approcci dei musei/parchi a tema/musei all’aperto (non le giostre) per vedere il diverso modo di “raccontare” che ogni regione/nazione adotta… Ho tanti di quegli articoli che vorrei scrivere in testa… ma va via tanto di quel tempo per scriverne uno anche solo dignitosamente, che è quasi frustrante, anzi togli pure quel “quasi”: è frustrante punto e basta!
Comunque al prossimo articolo ti cuccherai anche il museo dei Beatles anche se quel che ci ha sorpreso è stata tutta un’altra cosa… ma di più non mi sbottono (e quanto me la tiro 😉
AH AH! Non vedo l’ora di ellgerlo, allora!!
E’ che la muscia dei Beatles mi fa venire l’angoscia…
Adoro i vostri racconti…mi sembra sempre di essere lì, riesco a percepirne persino gli odori…Riguardo il non dimenticare e il costruire sopra per coprire…avete presente quelle coppie che fingono di non litigare mai…ma mai mai mai? Ecco…ho detto tutto…il dio apparenza pare voglia fare concorrenza al dio denaro…
O grazie Ughetta, :))) gratitudine infinita e rossa fino alla cima delle orecchie!
Quanto al mito delle apparenze temo non ci sia mai fine, ma almeno i singoli possono scegliere, le città (intese come comunità di persone) no 😐
Non avevamo mai preso in considerazione Liverpool, se dobbiamo essere sinceri noi la conoscevamo solo per il Museo dei Beatles, ma sembra abbia molto di più da vedere…!
Al solito dipende da che interessi si hanno, se si amano le metropoli moderne, Liverpool è molto interessante, se si è in cerca di luoghi alla Jane Austen meglio la romantica Bath e i villaggi del Sud Inghilterra, per due camminatori come voi i parchi nazionali, pur senza grandi cime, vi daranno comunque grandi soddisfazioni :). Per noi che siamo Turisti per Sbaglio, i fritti misti vanno benone 😉
liverpool è una citta affascinate!!