Da Dartmouth a Greenway
Per poter raggiungere Greenway, abbiamo prima raggiunto Dartmouth, un paesello delizioso, dalle belle casette a colori pastello che si affacciano sul Dart, il porticciolo vivace, le case a graticcio anche a 3-4 piani, con tutto il loro sapore Old England – eccezion fatta per i piani terra rovinati dalle vergognose insegne dei negozi. Ma questa è una costante inglese: perché i listed buildings debbano ospitare decorazioni ed insegne indegne quando si potrebbe facilmente imporre dei limiti è una delle questioni che non solo non trovano risposta, ma temo che gli inglesi neppure si facciano più la domanda. Credo che rientri tra le colpe di Adam Smith e Margareth Thatcher ed il loro insensato ottimismo circa la “mano invisibile” che qui diventa fin troppo visibile e di cattivo gusto. Gli inglesi tendono sempre a posizionarsi agli estremi, mai nel mezzo delle loro più profonde convinzioni.
Comunque per fortuna i negozi indipendenti, al contrario delle catene, hanno grande gusto e propongono vetrine deliziose. Guardando in alto ti perdi in labirinti di abbaini in legno e canne fumarie che ospitano qualche pensoso gabbiano. La chiesetta in pietra nel mezzo del paese, col suo immancabile cimitero, all’interno rivela un meraviglioso soffitto a carena di nave. Qui il mare è sempre presente nella vita della gente.
Ancora una volta devo lasciarmi alle spalle mille inesplorati negozietti: nell’aria risuona il corno della nave e dobbiamo correre ad imbarcarci. Con gran sollievo di qualcuno, by the way.
Durante la traversata mi godo ancora la vista della bella Dartmouth, ma quando questa sparisce e la nebbiolina dà un tocco d’altri tempi alla vegetazione io penso ai passeggeri per Indian Island del romanzo dei “Dieci Piccoli Indiani – e poi non rimase nessuno”. L’ambientazione in realtà è a Burgh Island, un tiro di schioppo dalla nostra nuova casa, ma qui l’atmosfera da Mystery è perfetta.
Greenway, parco, giardini e casa
Dopo lo sbarco ci attende una bella passeggiata tra i boschi prima di arrivare a Greenway, la casa che la Christie ha amato più d’ogni altra dopo che la sua casa natale è stata inglobata in un quartiere cittadino tutto cemento perdendo ogni traccia del suo antico fascino. Greenway invece è stata donata dalla famiglia della scrittrice al National Trust per preservarne intatta la grande bellezza. Caro Matthew, nipote della Christie, ti ringrazio di tutto cuore, non hai lasciato solo delle mura spoglie, ma tutta una serie di suppellettili, collezioni, oggetti cari, libri che avresti potuto pretendere tutti per te, ma che qui, a noi visitatori danno la gioia di conoscere Madame Christie come non avremmo potuto mai.
Sono contenta di aver recentemente riletto la sua meravigliosa autobiografia, mi da una chiave con cui leggere alcuni particolari e rivivere i luoghi a lei così tanto cari sotto un’altra luce che quella della semplice visita. Greenway all’esterno è in un pulitissimo stile Georgiano, la stanno ridipingendo e l’impalcatura rovina la vista. Ma la tinteggiatura va fatta ogni 5 anni, ci avvisano i cartelli della National Trust, e non puoi che ammirarli per tanta cura e diligenza nella continua opera di manutenzione.
All’interno la casa è bella da perdere la testa. Da una parte è estremamente sobria (tavoli, sedie estremamente lineari) e poi la profusione di collezioni dalle ceramiche, agli orologi, ai quadretti alle soluzioni omeopatiche. La libreria in cui mi posso perdere a sbirciare titolo per titolo tutte le letture della Christie. Senza posa ha letto tutti i gialli, ce ne sono di antichi a quelli più moderni di fine anni ’60. Cioè anche quando, autrice affermatissima, ha scritto i suoi ultimissimi romanzi si informava di come procedesse la …. concorrenza! Forse è da qui che nasce la sua straordinaria capacità istrionica: i suoi romanzi seppure calati in epoche ben precise reggono straordinariamente la prova del tempo. C’era persino qualche giallo di un (a me) sconosciuto autore italiano. Poi ci sono i libri sui veleni, al loro fianco quelli delle Nursery Rhymes che tanto avrebbe usato.
Toccante il pianoforte con i ritratti di famiglia, la camera da letto con la valigia di fronte al guardaroba, lei era sempre pronta a prendere il volo, pardon il treno. Perché avrebbe si usato gli aerei ma sempre rimpiangendo il fascino delle lunghe traversate in treno. Riconosco il comò acquistato a Damasco di cui nel libro descrive tutta la storia oltre che il fatto che le sarebbe costato più il trasporto che non il comò stesso. Nel soggiorno sul tappeto tra i divani le tessere di un domino, come se i bambini si fossero appena alzati per giocare altrove. Ma in generale, in tutta la casa, c’è quella grande abilità, tutta inglese (vedi anche la casa di Beatrix Potter) a rendere i posti vivi. Penso alla casa di Mozart a Salisburgo, lì della casa non è rimasto nulla: è un museo! Qui non c’è nulla del museo, si visita un’abitazione da cui la padrona di casa deve essere uscita proprio qualche minuto fa…
Hai proprio ragione, la casa non ha nulla del museo. Sembra conservare uno spirito del suo tempo, delicato e immutabile. Mi hai ricordato invece la visita alla casa di Mozart dove mi recai anch’io a suo tempo e che mi fece una pessima impressione, tutto sembrava occupare un posto non suo.
Continuo ad amare questi incredibili scorci di cittadine legate alla vita del mare…
Si la casa è impregnata della personalità della Christie e dei suoi familiari, e questo suo “spirito” è stato rispettato. Il mio grande rimpianto è non aver visitato le cucine, che all’ora di pranzo sono usate per servire un autentico pranzo agli ospiti paganti e sono dunque chiuse al resto del pubblico….