Stamani abbiamo una meta precisa: la Grande Porta del Pollino, un itinerario classico che ci porterà proprio nel mezzo di questo massiccio tra cime intorno ai 2000metri di altezza. Posto sul confine tra Calabria e Basilicata, il Pollino si affaccia sui due mari, il Tirreno e lo Jonio. La prima ed unica volta che ho percorso questo sentiero è stato 15 anni fa, sempre con Giovanni.
Da Rotonda occorre raggiungere il Colle dell’Impiso, su una strada che da decenni non vede manutenzione alcuna, pur essendo una delle principali arterie che portano nel cuore del parco. Quel che non fa l’uomo (leggete pure Ente Parco), lo fa Madre Natura, si attraversano boschi meravigliosi, e man mano che si sale di quota l’aria si fa sottile e pulita, ed il paesaggio si apre su vallate e file di montagne azzurrine sullo sfondo.
Da Colle dell’Impiso si dipartono i sentieri che portano tra le vette quali Monte Pollino, Serra Dolcedorme, Serra delle Ciavole, Serra del Prete, ed appunto la Grande Porta del Pollino. L’Ente Parco invece ha deciso di scordarsi di tutto questo e marcare 2 soli sentieri uno verso il Monte Pollino, l’altro verso lo sconosciuto “Colle del Malevento” che nella mia collezione di mappe improbabili non viene riportato in nessuna. L’Ente Parco ha infatti deciso che produrre carte escursionistiche degne di questo nome, nonché dotarsi di una rete di sentieri ben tenuti e ben segnati, potrebbe avvicinare gli amanti della montagna a questi luoghi. E loro correrebbero il rischio di doversi trovare a lavorare davvero. Dio gliene scampi. Alcuni stranieri ci chiedono come arrivare al Dolcedorme e dopo accurati confronti troviamo che questo Colle del Malevento può essere una buona traccia almeno fino ad un certo punto. Poi dovranno arrangiarsi da soli. Li vedo allontanarsi un po’ desolati, certo non è questo lo standard di accoglienza sulle loro montagne.
Si arriva ai Piani del Vacquarro ad incontrare il torrente Frido che scrosciante e felice ci accompagna per buona parte del nostro cammino. La vegetazione è di un verde pieno ed intenso, qui siamo proprio agli inizi della primavera, la neve si è sciolta da poco e ci sono ancora i crochi a fare capolino tra i fili d’erba. I severi e scuri boschi di conifere tipici delle montagne alpine, sono sostituiti da faggi ed altri caducifoglie, c’è anche qualche abete bianco sparso qua e là, ma ovunque il verde è quello tenero e brillante dei pascoli. Un allegro verdegiallo invece dell’austero verdeblue degli aghiformi.
Comincia la salita, Frodo, inebriato da mille odori, si lancia in galoppi folli per poi tornare da noi pieno di gratitudine per averlo portato in un tale paradiso. Usciti dal bosco (e ci vuole qualche ora) lo sguardo si apre sul Piano Toscano, dove finalmente sei faccia a faccia col Monte Pollino, Serra Dolcedorme e Serra delle Ciavole. Sul versante meridionale di Serra delle Ciavole si distinguono le tipiche forme del Pino Loricato.
Un merito riconosco all’ente parco. Laddove c’era la tentazione di ricorrere ad un qualsiasi animale quale simbolo del parco (gli animali “tirano” di più in comunicazione), si è scelto invece che simbolo del Pollino sarebbe stato un albero straordinario, per l’appunto tale Pino Loricato, e sono proprio loro la meta della nostra escursione. Ne riparleremo a breve.
Dal Piano Toscano risaliamo verso il Piano del Pollino, lasciandoci alle spalle l’ultimo cartello verso il Colle di Malevento. All’altezza del cartello incontriamo un solitario viandante desolato che ha detto di non essere riuscito a raggiungere la fine del percorso. Dopo questo cartello nulla più è segnato, per paura di perdersi ha percorso 600-800 metri (senza traccia) ma non ha più idea di dove andare, naviga a vista con le descrizioni (senza mappe) di una brochure dell’Ente, e preferisce tornare indietro. Guarda con bramosia la mia cartina slabbrata (scala 1 a 55.000 che è il meglio che mi sia riuscito di trovare) fu pubblicata dal parco quasi 20 anni fa: una reliquia.
Noi che andiamo verso la Grande Porta comunque sappiamo di dover procedere senza traccia. Calpestando ovunque ci porteranno i nostri piedi, che è proprio il contrario di quanto dovrebbe volere un Parco come si deve. Vabbè!
Una mandria di cavalli con puledri ci sta davanti, un maschio si stacca nitrendo, coda alta, rivendica il suo territorio. Ma non siamo noi il pericolo, pur passandogli abbastanza vicini con Frodo (che si guarda bene dall’andargli ad abbaiare, il suo hobby preferito se vede un solo animale), decidono che il nostro odore è indifferente, da queste parti quel che fa paura davvero è l’odore selvatico dei lupi…
Ci fermiamo per una pausa pranzo su quella che viene chiamata (credo) il Balcone del Pollino che separa i Piani del Pollino dal Piano Toscano più in basso. La balconata è decorata dai Pini Loricati che possiamo infine osservare da vicino.
I Pini Loricati, eroiche sentinelle
Si dice spesso che gli uomini al contrario degli alberi non hanno radici e possono viaggiare. Il Pino Loricato è proprio l’anello di congiunzione tra i due: l’ultimo albero prima dell’uomo. I Pini loricati sono alberi in movimento, sono le sentinelle del parco, si guadagnano gli avamposti più terribili a ridosso di scarpate, in alto sulle montagne, su crepacci di roccia privi di terra, si espongono alla furia dei venti, dei temporali, delle tempeste di neve. Sono gli elementi scatenati a dare loro forma. Hanno spesso il capo spezzato o bruciato da un fulmine, i rami sono solo dalla parte del tronco che asseconda la direzione del vento. Persino le radici sono avvinghiate alle rocce inospitali come mani dalle lunghe dita, in uno sforzo supremo a non farsi spazzare via.
Il Pino Loricato fatto bruciare…
Di qui ci tocca salire ancora un po’ per arrivare alla Grande Porta del Pollino, il Passo che separa Serra delle Ciavole da Serra del Prete. Abbiamo una visita da compiere, il saluto al più glorioso dei Pini Loricati. Un pluricentenario di dimensioni incredibili, era stato scelto quale simbolo del parco, nel 1993 uno o più idioti gli diedero fuoco, quale protesta all’istituzione del parco nazionale. Talibani occidentali che distrussero un pezzo vivente della cultura locale. Gli auguro di sognarsi ogni notte di prendere fuoco come quest’albero che hanno incendiato. Ma anche bruciato, questo pino loricato è diventato un monumento, scultura moderna di forme che scivolano sulle forme. Le mie mani ci passano sopra adagio adagio a chiedere ancora una volta scusa di tanta imbecillità.
Parco del Pollino: istruzioni per l’uso
La nostra passeggiata è lunga ma alla portata di tutti colori abituati a lunghe passeggiate con attrezzatura adeguata. All’ultimo cartello fate bene attenzione a memorizzarne la posizione per ritrovare la pista del rientro.
La pubblicazione dell’APT Basilicata descrive bene la passeggiata e fornisce una piccola mappa del luogo degna di tale nome. Riporta i riferimenti GPS per i principali segnapasso dell’escursione. Si chiama Basilicata – itinerari, escursioni e passeggiate.
Portate acqua sufficiente per l’intera passeggiata. C’è una sorgente per il rifornimento a metà cammino.
Siamo in montagna, le condizioni meteo possono cambiare con imprevedibile celerità, dunque anche in piena estate portate qualche capo caldo e protezioni dalla pioggia.
Se pensate di affacciarvi all’Ufficio Informazioni dell’Ente Parco questo è chiaramente chiuso nel week-end. Che se no poi i turisti ci vanno per davvero a chiedere informazioni.
Bellissimo post. Che meraviglia i cavalli allo stato brado…
E che nervoso l’ente del turismo chiuso nel we ! Tipico italico !
Ciao ciao
Max
Il Pollino ha tutto il fascino della vera Wilderness. Il mio rapporto di amore-odio con quest’area è interamente dovuto alla (non)gestione. 20 anni di parco e pare di essere ancora al giorno n.1. Eppure sono 20 anni di lauti stipendi pagati a gente che si trascina di convegno in conferenza, di conferenza in convegno e sa pure parlare giusto, ma far seguire i fatti alle parole mai. A questo punto pagherei solo i guardaparco: a che serve tutto il resto? Boh!
Che bellezza ! la camminata, le foto, voi, frodo….! Bellissimi paesaggi, continuate continuate, noi siamo curiosi 😀 !
Bellissimo!
Bellessimi i pini Loricati, io ho scoperto la Calabria due anni fa, ho passeggiato tra i suoi giganti, li conosci? Sono quercie secolari, sculture viventi e stupende, molto contorte e cave all’interno. Speriamo si mantengano sani e non si ammalino come le palme secolari del litorale di Reggio Calabria che l’amministrazione pubblica ha lasciato morire. Vergogna.
Buonasera Dani e benvenuta sul nostro blog. Conosco poco la Calabria, ma è una regione che mi ha sempre incuriosito. Il Parco del Pollino in questa occasione lo abbiamo visitato dal versante lucano. Se ne va un pezzo di cuore ogni volta che vedi morire alberi monumentali che siano palme o ulivi o pini loricati. Alla prossima passeggiata, da dove ci scrivi?