Ieri sera, dopo cena, scorrendo gli aggiornamenti di Facebook leggo il post di un’amica
“Domani mattina apertura straordinaria della VILLA ROMANA DI MALVACCARO a Potenza!! E poi anche dell'AREA ARCHEOLOGICA DI VAGLIO! Dalle 9.00 alle 13.00.... Buon divertimento!:-)))”.
Conosco l’area archeologica di Vaglio. Ma devo leggere e rileggere la parte riguardante la Villa Romana… a Potenza? Ma da quando? Ma stiamo scherzando?
Noi potentini, tra un terremoto e l’altro, abbiamo dovuto lasciare andare monumenti, chiese e palazzi ben più recenti. Se alle elementari le maestre ci hanno ripetuto fino alla noia che il nome Potenza è un nome romano, da grandi ci siamo abituati che la storia è piuttosto tutt’intorno, nei paesi, nelle campagne, che non a Potenza.
Sono cascata letteralmente dal pero. La stradina che porta lì parte proprio dal minimarket dove ogni giorno andiamo a fare la spesa. Il giorno dopo, in una splendida mattina di sole siamo lì, una stradina lastricata di mattoncini rossi ci porta sulla collinetta da cui è possibile vedere i boschi tutto intorno ed ammirare con tenerezza l’inatteso dono.
Un intero mosaico è stato preservato in condizioni miracolose. Si vedono i confini dei vari ambienti, e da un gruppetto con guida, apprendo che si trattava di una masseria, su un importante crocevia tra il Vulture e l’interno della Basilicata. Si producevano e probabilmente vendevano prodotti agricoli.
Ti chiedi cosa mangiassero, come trascorressero il loro tempo quelli che non erano impegnati col lavoro nei campi, quale fosse la giornata tipo della padrona di casa. Cosa si facesse nella grande sala dei mosaici: si accoglievano gli ospiti, era destinata alle feste?
Per la prossima apertura sarà necessaria una guida a raccontarci qualcosa di più, oggi ci godiamo il sole, assaggiamo due dolcissimi fichi (chissà il giovane alberello di oggi potrebbe avere antenati antichi) e ci perdiamo a guardare quel mosaico allegro con le sue coppe di frutta ed i vasi ombreggiati come in un ricamo.